Il reverse charge consiste sostanzialmente nell’inversione dell’onere contabile dal cedente/prestatore al cessionario/committente.
Le procedure di reverse charge (o inversione contabile) si applicano ad alcune operazioni, interne e con l’estero (art. 17 del DPR 633/1972).
Per tali operazioni, in applicazione del regime dell’inversione contabile, non avviene alcun pagamento di IVA tra il prestatore ed il beneficiario di servizi.
Quest’ultimo è debitore, per le operazioni effettuate, dell’IVA a monte, pur potendo in linea di principio detrarre questa stessa imposta in modo tale che all’amministrazione tributaria non sia dovuto alcun importo.
In pratica avviene una mutazione del debitore di imposta verso l’Erario, che normalmente coincide con il cedente/fornitore, il quale la riceve con il pagamento del corrispettivo da parte del cessionario/committente, mentre in questo caso il debitore diviene direttamente il cessionario/committente.
Il meccanismo si perfeziona con l’emissione della fattura da parte del cedente/prestatore senza l’addebito dell’imposta, la quale deve essere integrata dal destinatario del documento contabile.
Affinché si applichi l’inversione contabile sulle operazioni in esame è sufficiente che il destinatario sia un soggetto passivo, mentre non è necessario (come invece letteralmente richiederebbe la norma) che questi sia stabilito nel territorio dello stato (risoluzione 28 marzo 2012, n. 28/E).